Qualcosa non ha funzionato nella gestione dello sciopero indetto dai marittimi della Caronte e organizzato il 28 settembre dall’Orsa, contro l’annunciato piano di licenziamento e la riduzione del salario.
Secondo le testimonianze raccolte nella tarda serata di venerdì (ieri, ndr), le biglietterie dei traghettatori privati hanno infatti emesso ticket senza avvisare la clientela della possibile attesa, e soprattutto non hanno provveduto a mantenere in attività (disponendo un eventuale cambio di equipaggio) la nave Vestfold, che avrebbe dovuto garantire il servizio minimo. Sebbene, ricordano i sindacalisti, “non siamo un’azienda pubblica, quindi in teoria non dovremmo garantire nessun servizio minimo”.
Quando arriviamo agli imbarcaderi della Caronte sono le 23,30 circa. Gli animi sono ormai esasperati: c’è chi aspetta nel “serpentone” dalle 17, ricevendo rassicurazioni su un imminente imbarco che non ci sarà fino all’una e mezza, orario stabilito per la fine dello sciopero e comunicato agli armatori.
“Hanno sottovalutato la portata dello sciopero – dichiara uno dei marittimi, rappresentante dell’Orsa – dimostrando arroganza e mancanza di rispetto: per noi, che abbiamo organizzato tutto rispettando la legge e quindi con largo preavviso, per gli utenti a cui non dovevano fare il biglietto sapendo della protesta in corso. Ma prima di tutto, evidentemente, c’è il guadagno”.
“Ci sentiamo sotto sequestro – ci spiega un automobilista in fila – ci sentiamo presi in giro: quando chiedevamo di poter uscire ci rassicuravano che la partenza sarebbe arrivata da un momento all’altro. Mentre sapevano perfettamente che vi era uno sciopero in corso. E’ una vergogna!”
Le voci incalzano al nostro arrivo, tutti vorrebbero spiegare il disagio che stanno vivendo, tutti concordi sul fatto che si poteva evitare rispettando le istanze di ognuno. Dopo pochi minuti dal nostro arrivo spuntano anche la bottigliette di acqua: ma i bambini stanno già dormendo in auto, e l’acqua che serviva è già stata comprata, così, probabilmente, come la cena, disponibile ed invitante nell’unico locale accessibile dagli imbarcaderi. Una sorta di ancora di salvataggio.
Cerchiamo un rappresentante dell’azienda. Difficile incontrarlo anche per gli utenti. Lo riconosciamo per la camicia bianca di lino e il pantalone elegante, ma non si presenta. Ci dice che se vogliono, con il biglietto che hanno, possono imbarcarsi alla Stazione Marittima. Ma come fanno ad uscire, se tutto è bloccato? Ci dicono anche che non dobbiamo creare agitazione. Spieghiamo che il nostro lavoro è quello di raccontare cosa accade. Qualcuno lo deve fare.
Nel video che segue le voci degli automobilisti “intrappolati”, dei sindacalisti e dei marittimi “incavolati”, degli uomini dell’azienda “mimetizzati”.