Dal dicembre del 2007 al maggio del 2008 il “signor Scipione” si trovava ricoverato nel reparto di Riabilitazione del centro Neurolesi. Sette mesi in cui per tutti quelli che lo hanno incrociato nel suo periodo di degenza, l’uomo si stava curando dopo un incidente di caccia.
A sapere tutta la verità sul suo conto sarebbe stato solo il fisioterapista, oggi ex dipendente della struttura, Stefano Andrea Violi, 35 anni, nei confronti del quale il sostituto procuratore della Dda di Messina Giuseppe Verzera ha inviato l’avviso di chiusura delle indagini preliminari nell’inchiesta sulla latitanza del boss della ‘ndrangheta Francesco Pelle,(nella foto in basso) rimasto ferito in un agguato.
Secondo quanto appurato dalle indagini Stefano Andrea Violi, arrestato dai Carabinieri lo scorso 13 luglio, avrebbe favorito la latitanza del boss della ‘Ndrangheta Francesco Pelle, detto “Ciccio Pakistan”, figura di vertice dell’omonima cosca «ndranghetista» calabrese, coinvolto nella cosiddetta «faida di San Luca» e nella «strage di Duisburg».
Ciccio Pelle era ricercato per la strage di Natale a San Luca: un agguato, compiuto il 25 dicembre 2006, nel quale rimase uccisa Maria Strangio, moglie di Giovanni Luca Nirta, capo del clan rivale dei “Nirta Strangio”. I killer che erano andati a cercare il boss furono imprecisi, lasciando a terra la giovane donna e ferendo tre altri componenti della famiglia, tra cui un bambino di 5 anni.
Il gruppo di fuoco voleva colpire Nirta in risposta al ferimento di “Ciccio Pakistan”. Il delitto di Natale, secondo l’accusa formulata dai magistrati nel corso del processo per la faida di San Luca fu deciso proprio da Francesco Pelle per vendicare il tentativo omicidio subito nel quale perse l’uso delle gambe.
Il boss, arrestato nel settembre del 2008 a Pavia in una clinica privata, rimase ferito nel luglio 2006, ad Africo Nuovo, nel corso di un agguato che lo condannò alla sedia a rotelle. Da allora furono necessarie cure riabilitative. Secondo quanto emerso dalle indagini da dicembre 2007 a maggio 2008, Pelle fu ricoverato, sotto falso nome, al reparto di riabilitazione del Centro Neurolesi di Messina dove Violi lavorava come fisioterapista e che durante la degenza, si sentiva telefonicamente con i parenti del boss per aggiornali sulle condizioni di salute del congiunto. Una circostanza confermata dai tabulati telefonici acquisiti dai Carabinieri, anche se Violi, nel corso dell’interrogatorio seguito al suo arresto, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Inoltre dai documenti acquisiti, i carabinieri scoprirono che quando Pelle fu dimesso con un referto che certificava un ferimento nel corso di un incidente da caccia.
Secondo l’accusa dietro questo sistema protettivo ci sarebbe stato proprio Violi. Ma non è da escludere che possano esserci altri complici, visto il delicato intreccio di documentazioni false necessarie a favorire una latitanza, come insegna il caso più famoso del ricovero marsigliese di Bernardo Provenzano.