L’8 settembre del 1943 Vittorio Emanuele III, per gli amici Sciaboletta, fuggì imbarcandosi nel porto di Brindisi. Verso l’esilio. L’Italia aveva firmato l’armistizio dopo i disastri del fascismo e iniziava la lotta armata dei Partigiani. La Resistenza.
Dopo 69 anni qualcosa di simile sta avvenendo in Sicilia, e, tra qualche mese probabilmente anche a Roma. Tanti sciaboletta all’orizzonte. Il primo a fuggire da Palazzo Zanca è stato il sindaco. Non è andato a Brindisi, dopo la brutta esperienza che gli procurò guai con la magistratura, ma cerca di arrivare a Palermo. I suoi fedeli paladini lo sosteranno fuori e dentro i seggi elettorali. Forse per invidia anche un gruppo di amici dell’ex partito dei Casini ha lasciato subito dopo l’ormai freddo palazzo municipale. E, come direbbe Totò, la “moria” delle vacche continua.
Sarà l’aria settembrina, sarà quello che sarà ma è un fuggi fuggi generale.
L’ultimo, in ordine di tempo non certo d’importanza, a lasciare casa Berlusconi è il prode Beninati rimasto orfano di D’Alcontres ( che per tempo ha sposato la causa di Miccichè). L’ingegnere che ama i cacciatori e i pescatori (oltre i cementificatori) rischia di rimanere impallinato dal più furbo tra i furbi, il senatore D’Alia. Oggi avrà ottenuto chissà quali promesse domani si saprà.
Delle rispettive fanterie non serve parlare. Nell’altro fronte tutto ( o quasi ) è già certificato. Genovese farà rieleggere il cognato del cuore e tra Panarello e Laccoto la spunterà certamente il secondo. A questo punto si potrebbero risparmiare una montagna di soldi perchè i giochi sono (quasi) fatti.
Nell’assemblea più antica ( e meno gloriosa ) del mondo siederanno sicuri : Buzzanca, Formica, Corona, Rinaldi, Laccoto, Ardizzone, Lo Monte, Amata, Briguglio. Con due nomi che devono venire fuori tra: Calanna, Daniela Bruno, Corvaja, Germanà, Amadeo, Romano, D’Aquino, e pochi altri. Troppi per non pensare di fuggire prima.
A differenza di quell’8 settembre del ’43 non scorgo però nessuna Resistenza seria al dominio di chi ha sempre gestito il potere. C’è una inadeguatezza quasi antropologica a pensare strategie, ad organizzare movimenti concreti e partecipati, ad avere un seguito elettorale. Non mi sembra (ovviamente posso pure sbagliare) che le 5 stelle, o la galassia delle sigle nominalmente alternative al sistema che vedo in campo, potranno minimamente incidere sui risultati finali.
A fuggire, allora, dovremmo forse essere noi. Ma non a Brindisi che è troppo vicina a Taranto. In esilio elettorale. (SARO VISICARO)