Dico subito che non ho visto la “diretta-differita” di RTP in occasione della processione della Vara. Ma qualche considerazione, alla luce di vari commenti e spunti ricevuti, credo di poterla fare. Innanzitutto perché le cose si possono leggere anche da un altro punto di vista. La domanda, infatti, mi sembra abbastanza semplice: perché il Comune avrebbe dovuto dare soldi pubblici, senza un bando aperto a diverse realtà della comunicazione (cittadina e non), per far trasmettere la diretta di una manifestazione così popolare? Una prassi evidentemente attuata da decenni, con contributi pubblici di entità diverse a secondo delle amministrazioni, e che quest’anno (forse accogliendo le “preghiere” che tanto scandalo hanno suscitato) è stata improvvisamente interrotta.
Perchè chiedere e cercare e manifestare gratitudine ad una televisione privata che, come accade nella città dei monopoli, da anni ha guadagnato la prerogativa di gestire l’immagine della “messinesità” rappresentata dalla Vara e dai suoi “contorni”?
Non c’è quindi da scandalizzarsi, ne da ringraziare. Ognuno cerca di fare il suo lavoro, e non sempre chi lo fa per “grazia ricevuta” garantisce quella qualità e soprattutto quella levatura alta, nei commenti e nei collegamenti dalla piazza, che in città come Catania, ad esempio, hanno reso le feste patronali come un momento di cultura e di spettacolo, anche televisivo. Del resto chi pretende di guadagnare facendo informazione, non può che “vendere” quello che sa fare. I pasticceri vendono dolci, le televisioni vendono programmi, i giornalisti dovrebbero essere fuori dal mercato perché garantiti dall’autonomia di uno stipendio e sostenuti dalla deontologia professionale.
Anche in questo caso, e alla luce di quanto accaduto con il volantinaggio antimafia al centro di intimidazioni da parte del comitato Vara, che proprio dalla tv si è giustificato dicendo addirittura che il “messaggio” poteva interpretarsi come un segno di sfiducia nei confronti delle forze dell’ordine, crediamo che sia giunto il momento di fare chiarezza.
La “Vara” non è di un comitato ne di una tv: non è più il tempo di Orazi e Curiazi.