Meno di un mese fa, il 26 giugno, si poteva leggere della gambizzazione dell’ imbianchino trentaduenne (anche attore e conduttore televisivo locale) Tindaro Ragusi , avvenuta in contrada Panteini nel primissimo pomeriggio , quando un’intera città dagli orari ancora vivibili era a pranzo o a riposo in attesa di riaprire le attività commerciali.
Proprio l’orario (14,30) aveva messo in difficoltà gli inquirenti che all’inizio, vista la modalità esecutoria, erano stati costretti a prendere in considerazione la matrice mafiosa, scartandola solo in un secondo momento per l’assenza di contatti diretti tra quel mondo e la vittima. Alle prime domande degli ufficiali nessuno dei vicini aveva saputo rispondere, ognuno di loro affermando di trovarsi a tavola o in casa lontano dalle finestre. Indagando, però, le forze dell’ordine hanno, anche grazie alle riprese di un impianto a circuito chiuso, potuto appurare che le strade non erano totalmente deserte.
Due persone, convocate di conseguenza per fornire le relative testimonianze, si trovavano nei pressi della scena dell’attentato; da ciò che essi hanno dichiarato e dalle stesse immagini, entrambi fornenti dettagli importanti riguardo la moto ed il vestiario dell’attentatore, la polizia è risalita a Salvatore Iannello, nato il 27/9/1985, bidello barcellonese da anni in disaccordo con la famiglia del Ragusi. Nell’ abitazione del ventiseienne sono stati ritrovati i vestiti ed il mezzo della spedizione punitiva legata a motivazioni del tutto personali.
Riguardo il movente infatti si hanno le prime indiscrezioni che parlano della contesa di un appartamento sito proprio nel palazzo dal quale insieme ai familiari usciva Ragusi, appartamento occupato dalla sorella dell’imputato ma di proprietà d’un parente della vittima. L’astio covante da anni è dunque degenerato il giugno scorso in quella che il G.I.P. del Tribunale di Barcellona P.G., Dr.ssa Rosaria D’Addea, ed i Sostituti Procuratori della Repubblica Dr. Francesco Massara e Dr. Fabio Sozio, hanno presentato come un agguato a scopo punitivo. Sempre in possesso dell’imputato sono state ritrovate le due pistole usate contemporaneamente per il ferimento: una calibro 7,65 ed una 6,35, tipiche degli attentati mafiosi ed usate proprio, questo il sospetto della polizia, per sviare in tal senso le indagini.
Questo ha comportato per Iannello anche l’accusa di porto illegale aggravato d’armi da fuoco che va ad aggiungersi alla condanna ad otto anni per il tentato omicidio di due giovani nel 2007 ed all’indagine “Pozzo” nel quale egli è citato insieme al padre Carmelo, allo zio ed al cugino.