Sette anni in carcere. Questa la pena che il gup Massimiliano Micali ha inflitto a Pietro Zappia (nella foto), l’uomo che il 15 aprile scorso colpì con un bastone il venditore di rose Alì. Una vicenda che suscitò molte reazioni nella cittadinanza, anche se il gesto non è stato motivato da razzismo, come poi è stato chiarito anche dalla quotidiana amicizia tra lo stesso Zappia e diversi extracomunitari “vicini” dell’atelier dove generalmente si dedicava alla pittura.
Un gesto violento, che poteva costare la vita ad Alì, conosciuto dalla “gente della notte” perché da diversi anni si guadagna da vivere vendendo rose tra i locali del centro storico di Messina. Un gesto folle che se non ha a che fare con l’intolleranza razziale, è stato comunque giudicato nella maniera più pesante, come un tentato omicidio.
Ricordiamo i fatti: Zappia si trovava in via Loggia dei Mercanti con una ragazza, quando ha incrociato all’esterno di un locale il venditore di rose, a cui ha sottratto un mazzo intero per poi “regalarlo” alla donna. Fiori che Zappia non ha pagato, tanto che ne è nata una discussione, sfociata nel terribile gesto, di cui lo stesso Zappia, appena arrestato, si è scusato, riconoscendo di non essere lucido e di non aver mai voluto uccidere l’egiziano.
Quella notte però Alì è rimasto esanime per terra in una pozza di sangue mentre il 40enne messinese si è allontanato in auto con la ragazza. Alì è stato prima trasportato in ambulanza al Piemonte e poi al Papardo, dove è stato ricoverato in prognosi riservata fino al giorno seguente l’aggressione, quando si è svegliato ricevendo la solidarietà di un’intera città.
Il padre di Zappia, ditta conosciuta a Messina per gli infissi, aveva anche offerto un lavoro ad Alì, che però ha rifiutato, non accettando mai le scuse del suo aggressore e della famiglia.