Sono 50mila le imprese che ogni anno vengono colpite dalla criminalità: è questo lo sconcertante dato che viene rivelato dal Focus dedicato all’Isola del XIII rapporto annuale di Sos Impresa “Le mani della criminalità sulle imprese”. Sono 100mila invece le imprese che hanno alzato bandiera bianca negli ultimi tre anni. 30mila di queste sono state costrette alla chiusura per i gravi debiti e per l’usura.
Tutto ciò porta ad un costo di quasi 5 miliardi di euro a danno dell’intero sistema imprenditoriale siciliano, circa il 6% del Pil della Regione.
Nel focus, presentato oggi a Palermo e giunto alla sue seconda edizione, emerge un’attività di tipo tradizionale della criminalità costituita dall’estorsione e dall’usura, oltre ad un progressivo affermarsi della “mafia imprenditrice”, la quale interviene con proprie imprese nelle relazioni economiche stabilendo collegamenti collusivi con la politica, le banche e gli apparati burocratici.
“Si discute di aiuti per il Mezzogiorno, di fiscalità di vantaggio, di lotta al sommerso e all’evasione -recita il rapporto di Sos Impresa – senza voler rendersi conto che perdurando il ‘fattore mafia’, l’economia continuerà a ristagnare, gli investimenti prenderanno altre strade”. Da Confesercenti arriva anche un duro attacco alla “politica dello struzzo che non ha pagato e non paga. Se non si prenderà atto che in un terzo del Paese non è garantita la liberta’ di fare impresa non si determinera’ quella svolta necessaria e attesa”.
Per Confesercenti infatti, “gli interventi necessari per contrastare effettivamente la criminalità languono. Il movimento antiracket resta un’avanguardia. Una testimonianza essenziale, ma da solo non potrà farcela. Non c’è un investimento della politica, se soprattutto la grande impresa e le grandi confederazioni non squarceranno il velo dell’ipocrisia – conclude Confesercenti – non si faranno grandi passi avanti”. (S.I.)