Anche in provincia di Messina, sono le donne a subire più fortemente gli effetti della crisi. Questo quanto è emerso nel corso dell’iniziativa “Le donne e il lavoro al tempo della crisi” organizzato dalla Cgil di Messina in occasione dell’8 marzo, Giornata internazionale della Donna. Nel corso della mattina si sono confrontate lavoratrici, dirigenti sindacali e delegate di tutta la provincia che, attraverso la loro testimonianza, hanno delineato un quadro preciso.
Prima effetto tangibile della crisi è l’ aumento della disoccupazione intesa in senso largo sia come mancato rinnovo dei contratti a tempo determinato, sia come mancato ingresso nel mercato del lavoro, sia come veri e propri licenziamenti o procedure di cassa integrazione. “Perché le aziende, come testimoniato anche da casi eclatanti registrati nel corso di quest’anno dalla stampa, prima preferiscono licenziare le donne per due motivi “culturali”: le donne con i figli e la famiglia danno sempre più problemi e poi è meglio salvare lo stipendio dei maschi”, spiega Esmeralda Rizzi, responsabile del coordinamento donne Cgil Messina.
A confermare quello che quotidianamente si registra sia negli uffici della Cgil che nei luoghi di lavoro e che è stato riportato nel corso dell’iniziativa, sono i dati nazionali. A gennaio 2012 rispetto a dicembre 2011, secondo l’Istat, la disoccupazione femminile in Italia è aumentata del 3,2% e, in totale, ha toccato il 9,9%.
Ma ad aumentare le conseguenze della crisi, secondo il sindacato, è anche la progressiva contrazione dei servizi e del welfare che sta lentamente riportando in casa le donne. “I tagli di questi anni alla scuola, la scomparsa in pratica del tempo prolungato così come i tagli nei servizi sociali dei comuni in difficoltà di bilancio stanno obbligando tante donne a rinunciare al lavoro, a chiedere il part time e certo a non fare gli straordinari. Con effetti sia sulla qualità della vita delle donne che sulle loro retribuzioni”. Non a caso, secondo uno studio IRES, le donne nel corso delle loro vita, a parità di professione e livello, guadagnano in media il 28%% meno degli uomini.
Nel corso della mattinata si sono fatte valutazioni anche sulla riforma del sistema pensionistico che ha prolungato l’età lavorativa delle donne. Per Pina Pandolfino dello SPI CGIL, “L’aumento dell’età pensionistica delle donne non ha tenuto in debita considerazione la grande quantità di lavoro casalingo che grava anche sulle donne che lavorano”. Secondo il Censis che ha realizzato un ricerca sul tema, le donne italiane che lavorano dedicano alla casa almeno 22 ore la settimana. Un dato che sale a 38 tra le non occupate.
Ma la crisi, secondo quanto emerso nel corso della mattinata attraverso gli interventi delle lavoratrici, ha inciso anche nei luoghi di lavoro ridimensionando e comprimendo gli strumenti a tutela della maternità innanzitutto e della conciliazione.
Dalla riunione è quindi emersa con chiarezza la necessità di individuare un programma di iniziative orientate su due settori: avviare una contrattazione con gli enti locali sui servizi a misura di famiglia e quindi di donna; avviare un percorso culturale che contribuisca, dentro e fuori i luoghi di lavoro, a scardinare quell’asimmetria di ruoli che ancora oggi condiziona così nettamente il raggiungimento di una effettiva parità.