L’articolo non passa inosservato. Sulle pagine di cronaca della Gazzetta del Sud di Domenica 26 febbraio, un titolo a sette colonne sottolinea l’importanza di una premiazione nell’ambito della V giornata dell’Educazione alla Legalità, iniziativa che, come ricorda la cronista, è stata patrocinata dal Senato della Repubblica e dalla Camera dei Deputati, e che fa da cornice all’inaugurazione dell’Anno Accademico dell’Università della Terza Età.
Peccato che, alla vista delle persone immortalate dal fotografo, quali premiati tra rappresentanti delle forze dell’ordine, operatori culturali e studenti che si sono distinti, spunta sorridente e con tanto di cappello di pelo bianco da zarina, la preside AnnaMaria Gammeri. Tra l’altro, si legge nell’articolo, la preside condannata perché usava un bidello come autista e servitore per la spesa al supermercato, è stata premiata dalla Dott. Elvira Patania, magistrato della corte d’appello.
Insomma, sembra che a Messina l’unica Preside degna di assurgere a premi e spazi nella tv locale “istituzionale” e nel giornale della città, sia Anna Maria Gammeri, che a dire il vero ha varcato le soglie della comunicazione cittadina fino a raggiungere il Corriere della Sera, che ha dedicato un’inchiesta a firma di Gian Antonio Stella, mettendo in imbarazzo più di un messinese. Forse gli stessi che si sono sentiti imbarazzati a vedere sotto le parole del titolo “LEGALITA’, SOLIDARIETA’ E LA GIOVINEZZA DELL’ANIMA” un personaggio discusso e discutibile, una preside condannata a 10 mesi di reclusione e 400 euro di multa che resta al suo posto, mentre sono andati via dalla scuola quelli che avevano denunciato la truffa.
Prendiamo a prestito la domanda di Stella. “Come pensa di spiegare, lo Stato, ai ragazzi di un liceo di Messina, che occorre rispettare le regole?”
Potremmo anche aggiungere un’altra domanda: ma come non sottolineare la contraddizione della presenza della Gammeri tra Questore, Prefetto e magistrati? Difficile poi spiegare ai ragazzi che è meglio fare scelte coraggiose se poi l’unico messaggio che arriva è l’impunità garantita da un sistema di amicizie.
Insomma anche l’informazione ha le sue colpe. Serve credibilità. Che non sembra quella che si evince mettendo sullo stesso piano uomini e donne di spessore etico e morale certamente diverso.