Difficile dire “addio al pizzo”. Nonostante il grande impegno delle associazioni, le campagne di informazione e l’adesione ai protocolli di legalità, quando i commercianti sono chiamati in Tribunale, spesso non hanno il coraggio necessario. E’ successo in un processo che ha visto coinvolto l’ergastolano Gerlando Alberti jr, il boss condannato per l’omicidio di Graziella Campagna, e il figlio Santo Maurizio, che sono stati assolti dall’accusa di estorsione dal Tribunale di Patti, presieduto dal giudice Armando Lanza.
Padre e figlio erano accusati di estorsione in concorso ai danni di alcuni commercianti di Falcone, nel marzo del 2010, ovvero nel periodo in cui Gerlando Alberti jr aveva ottenuto il beneficio degli arresti domiciliari proprio nel paese rivierasco vicino Porto Rosa. Le indagini erano state avviate a seguito di un incendio ai danni di un escavatore che si trovava nel lungomare di Falcone, e che secondo l’accusa era stato incendiato in risposta al diniego da parte del proprietario del mezzo alla richiesta di denaro da parte del figlio del boss.
Furono avviate intercettazioni telefoniche, che permisero la registrazione delle richieste di altre piccole somme di denaro, a diversi commercianti di Falcone. Davanti al giudice, però, nessuno ha confermato di aver ricevuto richieste estorsive, sostenendo che si trattava di semplici richieste di aiuto o della concessione di piccoli prestiti.
Il pubblico ministero aveva chiesto la condanna di entrambi gli imputati a 6 anni e 6 mesi, ma le testimonianze non hanno avallato le prove raccolte, che quindi sono state ritenute insufficienti per il magistrato che ha assolto gli imputati perché “il fatto non sussiste”.