Dopo la presentazione degli spettacoli vincitori del Premio Scenario 2011 nel teatro Franco Parenti di Milano e la prima tappa a Reggio Calabria (Spazio Teatro), la tournée di “Due passi sono” (premio Scenario Ustica) entra nel vivo con l’appuntamento di Lamezia Terme (Scenari Visibili, nona edizione di “Ricrii”), in programma venerdì 17 febbraio. Seguiranno poi tappe a Spello, L’Aquila, Ortona. San Lazzaro di Savena (Bologna), Parma, Marghera, Mira (Venezia), Roma, Otranto, per finire a Messina (Teatro Vittorio Emanuele – Sala Laudamo) il 4, 5 e 6 maggio. Regia, testi e interpretazione di “Due passi sono” sono di Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi, reggino lui, messinese lei; scene e costumi di Cinzia Muscolino; disegno luci di Roberto Bonaventura; aiuto regia di Roberto Bitto; produzione del Castello di Sancio Panza di Messina.
Lo spettacolo presenta due piccoli esseri umani, goffi e teneri, coraggiosi e combattivi, impegnati nella difficile battaglia dell’esistenza. La motivazione con cui è stato assegnato il premio Scenario Ustica dalla giuria presieduta da Isabella Ragonese descrive molto chiaramente lo spettacolo: «Laddove la quotidianità ha preso le sembianze della patologia, due piccoli giganti combattono una dolce e buffa battaglia per imparare a non fuggire dalla vita, usando le armi della poesia e dell’autoironia. Ma la struggente consapevolezza del limite, anziché spegnere desideri e speranze, diventa per loro il grimaldello con cui forzare la porta del futuro. Libertà è uscire dalla gabbia dorata di bugie protettive che impediscono di spiccare il volo a un’intera generazione.Due passi sono per varcare quella soglia: si chiamano amore e dignità, guadagnati sul campo da un Romeo e Giulietta in miniatura, che non hanno paura di dormire per finta e sognare per davvero quella vita a lieto fine di chi, suo malgrado, ha assaggiato la morte». “Due passi sono” è stato accolto con grande calore sia dal pubblico sia dalla critica, a Milano come a Reggio, che ne apprezzano l’originalità dell’ispirazione, la freschezza teatrale, l’ironia impegnata, la descrizione paradossale e sentita di una generazione problematica.
Carullo e Minasi descrivono così il loro spettacolo: «Un uomo e una donna dalle fattezze ridotte, si ritrovano sul grande palco dell’esistenza, nascosti nel loro mistero di vita che li riduce in uno spazio stretto, dall’arredamento essenziale, stranamente deforme, come l’immaginario dei bimbi in fase febbricitante. Attraversano le sezioni della loro tenera per quanto altrettanto terribile, goffa e grottesca vita/giornata condivisa. Sembrano chiusi dentro una scatoletta di metallo, asettica e sorda alle bellezze di cui sono potenziali portatori, ma un “balzo” – nonostante le gambe molli – aprirà la custodia del loro carillon. Fuoriescono vivendo il sogno della vera vita, con la grazia e l’incanto di chi ha imparato ad amare la fame, la malattia, dunque i limiti dello stare».