Molti parlano messinese. Alcuni sono qui da più di venti anni, lavorano, vivono come altri cittadini la crisi economica che ha colpito tutti. Eppure la loro “permanenza legale” è appesa ad un filo: ogni anno, infatti, devono rinnovare il permesso di soggiorno. Che ora è pure stato ulteriormente “tassato” con un’addizionale da 80 a 200 euro imposta dagli ex-ministri Maroni-Tremonti.
Per questo hanno sfidato il freddo pungente, ed erano in molti dinanzi alla Prefettura. Immigrati delle 17 nazionalità presenti a Messina, che hanno partecipato alla manifestazione guidata dai tre sindacati CGIL CISL e UIL, anche se tra le bandiere presenti alle spalle del Nettuno non vi erano quelle della Uil. Sullo Stretto, come nel resto della penisola, le comunità di immigrati si sono dati appuntamento per chiedere che venga rivista e rimodulata la “sovrattassa” sul permesso di soggiorno.
Non sono stati ricevuti dal Prefetto, ma al rappresentante dello stato è stato comunque recapitato un documento con le richieste dei sindacati nel quale si evidenzia la necessità di un provvedimento di abolizione o rimodulazione della sovrattassa – introdotta dal Ministro Tremonti, i cui proventi non sono peraltro destinati a politiche di integrazione, e sul prolungamento della durata dei permessi per coloro che perdono il lavoro – così come era stato annunciato dal Governo.
Gli immigrati chiedono tempi brevi e certi per le pratiche di rilascio e rinnovo dei documenti. “Una famiglia composta da quattro persone- ci dice Nimal Premasiri, originario dello Srylanka e responsabile della Anolf Messina – arriva a pagare anche 1000 euro per il rinnovo del permesso di soggiorno; tasse che poi non vengono investite per politiche di integrazione, ma piuttosto per respingere gli immigrati che spesso arrivano clandestinamente”.
La realtà messinese ha subito come altre l’introduzione delle nuove leggi che regolano i flussi migratori, con la conseguenza che anche dopo 20 anni di residenza a Messina, gli immigrati extracomunitari che subiscono la perdita del lavoro, rischiano di ritrovarsi “clandestini” perché non possono rinnovare il permesso di soggiorno, tasse comprese.
Per questo i sindacati ritengono urgente un intervento del Governo sulla durata, almeno, fino a un anno, del permesso di soggiorno per attesa di occupazione, soprattutto per coloro che hanno perso il lavoro come più volte annunciato dai Ministri Cancellieri e Riccardi.
I sindacati chiedono che si apra subito un confronto in merito al complesso delle norme sull’immigrazione, a partire dal recepimento della Direttiva Europea 52/2009 che “introduce sanzioni e provvedimenti nei confronti dei datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare”.