QUEI TELEFONINI MAI RESTITUITI

In molti dicono di non ricordare di avere i cellulari della discordia. Ma Cascio parla: “Mi è arrivato il conto e ho bloccato i versamenti. Mi diedero due schede e una la passai a mia moglie, ma dal 2006 ho pagato io. Un cellulare lo diedi a mio padre che considero il segretario più efficiente che ci sia” In molti oggi si trincerano dietro a un “non ricordo” oppure “non lo sapevo”. Di certo c’è che i deputati regionali almeno fino al 2006, e probabilmente anche oltre, hanno distribuito a collaboratori, mogli, padri e parenti le schede telefoniche che nel 2001 l’Ars ha distribuito a pioggia agli onorevoli. Tanto il traffico telefonico in minima parte era a carico del deputato, la gran parte lo pagava l’Assemblea, chiaramente. Sì, perché nonostante il rimborso in busta paga pari a 350 euro al mese per “spese telefoniche” fino al 2006, e forse anche per il 2007, i deputati pure se nel frattempo erano cessati dal mandato hanno avuto in dotazione anche 4-5 altre schede da distribuire a proprio piacimento ad assistenti, amici e parenti. Schede affidate a esterni di cui, ancora oggi, l’Ars non conosce il nome. Ad accorgersi dei costi a dir poco elevati che l’Assemblea ha affrontato per questo ennesimo benefit dato agli inquilini di Sala d’Ercole è stato il presidente attuale, Francesco Cascio: “Nel 2008, poco dopo il mio insediamento, è arrivata sul mio tavolo una lettera della Tim che chiedeva all’Ars di pagare circa 300 mila euro per 700 utenze e il relativo traffico del 2006 e del 2007 – racconta Cascio – a quel punto mi sono reso conto di quanto costavano quelle schede date nel 2001 ai deputati e mai restituite, e ho chiesto di riconsegnarle subito all’Assemblea oppure che il deputato che le aveva avute pagasse il relativo traffico”. Risultato? “Nel dubbio abbiamo bloccato tutti i pagamenti e l’Ars non ha versato più un euro alla Tim perché, secondo me, non aveva senso dare questo ulteriore benefit ai deputati che già hanno un rimborso per spese telefoniche – dice Cascio – la cosa curiosa è che ancora oggi stiamo cercando di capire a chi erano state date quelle schede, perché alcuni deputati non ci hanno mai risposto”. Il sospetto, comunque, è che non solo gli onorevoli dal 2001 al 2006 abbiano avuto questo ennesimo benefit ma che alcuni, anche se non rieletti, hanno continuato a tenere queste utenze e non le hanno chieste indietro ai collaboratori o parenti ai quali le avevano affidate. Tanto pagava l’Ars. Sulla grande distribuzione di schede fatta in quegli anni d’oro, i deputati hanno però ricordi vaghi: “Ricordo che mi erano state date due schede – dice Giovanni Barbagallo, deputato nella legislatura 2001-2006 – e che, se non sbaglio, ho dato una scheda alla mia segretaria e una, forse, a mia moglie. Ma dal 2006 il traffico l’ho pagato io”. “Io ricordo di aver avuto per due mesi queste schede, ma poi le ho subito restituite e da allora ho pagato il telefono come i normali cittadini, anzi forse di più visto che il contratto che la Tim ci faceva non era per nulla vantaggioso e non lo è tutt’oggi, tanto che vorrei cambiarlo”, dice Giovanni Ardizzone dell’Udc, anche lui inquilino di Sala d’Ercole in quegli anni. Ricordi un po’ più nitidi li ha invece Francesco Scoma: “Allora mi sono state date due schede, che ho affidato ai miei collaboratori tra cui mio padre, che per me è il miglior assistente del mondo – dice Scoma – comunque queste schede sono state restituite nel 2006 e io, per gli anni precedenti, ho sempre pagato con accrediti da 1.000 euro a bimestre, nessuno mi ha mai detto che quelle schede erano in parte pagate dall’Assemblea”. Tra gli onorevoli che nel periodo 2001-2006 erano a Palazzo dei Normanni, c’è però chi è sicuro di non aver ricevuto mai alcuna scheda: “A me non hanno dato mai nulla, ho firmato un contratto con la Tim per una scheda che ho avuto fino all’estate scorsa, prima che finisse in mare il mio telefonino”, dice Giovanni Ferro. Ma se non tutti i deputati hanno avuto queste schede, rimane allora un dubbio: con quale criterio sono state distribuite le 700 schedefinite nel mirino della magistratura?

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