“Sono andato a sbattere contro la mafia e sto pagando per questo”. In una lunga intervista ad Asud’ Europa, il settimanale del centro Pio La Torre, l’ex Governatore della Sicilia Salvatore Cuffaro, che sta scontando a Rebibbia una condanna a 7 anni di reclusione per mafia, racconta la sua vita nel carcere di Rebibbia dove si trova detenuto dal 22 gennaio dell’anno scorso. Pur senza entrare nel merito delle accuse Cuffaro ammette di avere commesso degli sbagli: ”Ho la certezza di non averlo mai voluto. Ma qualche errore l’ho fatto anch’io”.
L’ex governatore compie il suo primo anno in carcere. Condannato in Cassazione a 7 anni di reclusione per rivelazione di segreto istruttorio e favoreggiamento aggravato alla mafia, ha già ricevuto oltre seimila lettere di solidarieta’, ha risposto gia’ a tremila e rispondera’ a tutti nelle prossime settimane. “ Sapere che c’è gente che ti aspetta fuori, che non sei solo, è già importante – ha dichiarato Cuffaro – . Sapere che ti scrivono, che si ricordano di te, mi ha aiutato. Ma se insieme a tutto questo non ci fosse stata la preghiera e la fede che hanno dato a tutto questo un valore di gran lunga più grande di quello che già di per sé queste scelte hanno, probabilmente lo sconforto mi avrebbe se non sconfitto almeno raggiunto”.
Cuffaro annuncia che cosa fara’ dopo aver pagato il suo debito con la giustizia.“Non potrò più fare politica e questa è un’idea che se solo qualcuno mi avesse fatto balenare nella mente qualche anno fa sarebbe stato per me non solo triste e drammatico, ma anche sconvolgente. Adesso guardo a quest’ipotesi con grande serenità.
So che il mio impegno politico appartiene al giudizio dei siciliani e di qualcuno che siciliano non è.”
Al giornalista che chiede se è possibile fare politica in Sicilia senza aver alcun tipo di rapporto, anche indiretto, con la criminalità organizzata, Cuffaro ha risposto che “ la mafia è un peso gravissimo per la Sicilia. Credo che ne abbiaostacolato lo sviluppo, ne ha ostacolato la crescita politica, umana,culturale e sociale. La mafia è certamente una condizione ed èuna vergogna per la nostra terra che si annida dappertutto e si annidasoprattutto dove ci sono le risorse. La mafia fa business, nonfa volontariato.” Ed ancora, prosegue l’ex senatore da due milioni di voti, “per colpa di pochi i siciliani stanno pagando un prezzo troppo alto. So che qualcuno ironizzerà su ciò che sta dicendo pensando “da che pulpito viene la predica”. Non voglio parlare del mio processo, ma nella mia coscienza è forte il significato che la mafia fa schifo. È una mia consapevolezza e mia profonda cultura ed educazione”.
Lancia messaggi, verbali e non verbali, che sono stati successivamente analizzati dalla sociologa Alessandra Dino in un articolo pubblicato a corredo dell’intervista.
La sociologa paragona Cuffaro a Quinto Tullio Cicerone che nel 64 A.C. scrisse per il fratello Marco Tullio Cicerone il Commentariolum petitionis, un viatico per la campagna elettorale in occasione delle elezioni a console di Roma. E vengono fuori i clientes, gli amici da non deludere mai, amici grati, soprattutto fidati. Esce fuori il vero motivo di quei ventimila nomi scritti nell’agendina di Cuffaro, preziosa amica nelle campagne elettorali.