Una vicenda di cronaca a 32 metri sotto il livello del mare. Una storia che riguarda uno dei relitti che compongono il vasto “cimitero” di natanti affondati nel corso dei secoli nello Stretto di Messina, costante terreno di studio per appassionati subacquei come quelli di Ecosfera Diving, che in collaborazione con la Società Marina di Nettuno e nell’ambito di una convenzione con la Soprintendenza del Mare, stanno lavorando ad una mappatura che servirà a ricomporre un vasto puzzle sottomarino.
La storia riemersa con il relitto “Slavan” è particolarmente affascinante, e riguarda una pagina di cronaca ancora avvolta da molti misteri investigativi. Ad affondare l’imbarcazione, infatti, non sono state le intemperie, tantomeno i risvolti di cruente battaglie, ma una bomba: un vero e proprio attentato che all’alba del 30 gennaio 1986 coinvolse due aliscafi gemelli, costruiti dagli allora floridi cantieri Rodriquez e pronti a salpare da Messina per raggiungere Cipro.
“L’aliscafo Svalan che significa Rondine in svedese, fu costruito nei Cantieri Navali Rodriquez di Messina nel 1965 e varato il 20 Giugno 1965 su commissione della società armatrice svedese Svenska Rederi AB Oresund di Malmö(Svezia) o Svenska Rederiaktiebolaget – si legge in un documento diffuso da Ecosfera, che sta lavorando alla pubblicazione di una relazione illustrativa – L’aliscafo, il primo ad essere costruito dalla Rodriquez per questo armatore, salpò per la Svezia il 30 giugno con i propri motori”.
Le 3000 miglia nautiche che separano il Mar Baltico dal nostro Mediterraneo centrale, furono percorse in appena 10 giorni e il famigerato Golfo di Biscaglia fu attraversato in 11 ore.
Interessanti le altre notizie sul passaggio di proprietà che portò i due aliscafi ad essere armati sotto bandiere cipriota. “Nel 1983 lo Svalan ed il gemello Tarnan furono messi in vendita (per essere sostituiti dai catamarani) e in breve i due PT.50 furono venduti a Cipro, per 135.000 USD ognuno. Il compratore – secondo scrive Ecosfera – richiese che i due aliscafi giungessero al luogo di consegna (Cipro NdR) navigando autonomamente con i loro motori. Si stimò che il viaggio sarebbe durato tre, quattro settimane.
Ri-bandierate, ma mantenendo il loro nome, Svalan e Tarnan, ognuno con sei uomini di equipaggio, tutti svedesi, lasciarono, per l’ultima volta, le acque scandinave l’11 novembre 1983 con condizioni meteo calme e soleggiate”.
La loro destinazione finale non sarà l’isola cipriota. Probabilmente per lavori di manutenzione, i due aliscafi fecero tappa a Messina, sostando nei cantieri dove erano stati costruiti. Qui due esplosioni, a distanza di dieci minuti l’una dall’altra, li hanno entrambi affondati.
I giornali di allora scrissero che si trattava di un attentato compiuto da specialisti, “come dimostra la sincronia quasi perfetta degli scoppi, e che ha avuto un solo neo: una delle bombe non è esplosa”.
Seguì un’inchiesta, di cui si sono perse le tracce. Ma già all’indomani dell’esplosione venne escluso che si trattasse di un’estorsione ai danni dei cantieri Rodriquez, indirizzando le indagini sulla società proprietaria degli aliscafi, la “Tarnan Lines”, una società controllata da un libanese con allora sede a Limassol, nella zona turca di Cipro.
A tutt’oggi restano senza risposta il perché e chi abbia messo le bombe. Certo invece, come emerso dalle ultime ricerche, che il relitto è sostanzialmente integro ed in buone condizioni, poggia sulle ali in perfetto assetto di navigazione su un fondale in declivio e che nel punto più profondo si trova a 32 metri. Inoltre, in prossimità della mezzeria dell’opera morta, sotto la sala macchine, è evidente la falla passante dallo scafo al ponte di coperta, causata dall’esplosione che ha determinato l’affondamento.
Considerando la posizione, sarà improbabile fare tappa nello Slavan per un’immersione ricreativa, ma il lavoro dei subacquei di Ecosfera resta importante per il recupero della memoria storica della navigazione nelle acque dello Stretto.
(PATRICK ROSSETTI NIVELA)