Il Tribunale del riesame ha revocato i domiciliari a quattro dei cinque arrestati nell’ambito dell’inchiesta Atm sull’ipotesi di truffa perpetrata ai danni della Regione. Il collegio presieduto dal dottor Nunzio Trovato, e composto dai giudici Antonino Giacobello ed Elena Calamita, ha annullato l’ordinanza impugnata «per insussistenza delle esigenze cautelari», disponendo l’immediata scarcerazione del direttore generale della municipalizzata trasporti, Claudio Conte, e del responsabile esercizio gommato, Salvatore Orlando. Insussistenza di gravi indizi di colpevolezza e carenza delle esigenze cautelari per il coordinatore di esercizio Bartolo Enea; e infine, in parziale accoglimento dell’istanza proposta dal responsabile Ufficio Ced paghe Giuseppe Lampi, i giudici hanno disposto nei suoi confronti la sostituzione della misura degli arresti domiciliari con quella del divieto di dimora nel comune di Messina.
Non solo, nel giorno dell’udienza del Riesame, il pm ha notificato agli interessati l’avviso di chiusura indagini, auspicando di fatto il processo a carico dei quattro, ora in libertà. Secondo l’accusa i cinque indagati (oltre ai quattro rimessi in libertà vi è pure il coordinatore di esercizio Francesco Lisa, attualmente ai domiciliari che ha ritenuto di non presentare istanza al Riesame) sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di avere indotto in errore la Regione Siciliana affinché erogasse all’Atm, in misura superiore al dovuto, un contributo pubblico, denominato “contributo d’esercizio” e quantificato in proporzione della percorrenza annuale chilometrica effettuata; di aver indotto in errore l’Agenzia delle Dogane, ottenendo così un rimborso maggiorato dell’accisa sul carburante consumato.
Dalle complesse attività investigative svolte dai carabinieri di Messina e dirette dalla Procura della Repubblica, è emerso che nel periodo 2003-2007, l’ingiusto profitto, così procurato all’Azienda, sarebbe stato utilizzato al fine di pagare alla maggioranza dei dipendenti una serie di emolumenti aggiuntivi, ovvero un numero spropositato di ore di straordinario e l’indennità mensile denominata “premio corse”, in quest’ultimo caso pur senza aver raggiunto in molte circostanze la percentuale di corse effettive rispetto a quelle previste necessarie per averne titolo. Nella vicenda risultano altresì indagate, in stato di libertà, altre 17 persone, che prestano o hanno prestato lavoro alle dipendenze dell’Atm.