BERLUSCONI NON SI E’ DIMESSO DALLA POLITICA, SOLO DA UNA POLTRONA SCOMODA

 

Ho appena spento la tv, dopo aver visto Videocrazy su La 7 e non posso fare a meno di pensare che tutto ha mediaticamente un senso: anche l’ultimo video-messaggio di Berlusconi che, ancora una volta, decide  la regia della sua falsa uscita di scena. Falsa, perché, come lui stesso ha sottolineato, “non lascia ma raddoppia” e continuerà a gestire l’immenso potere accumulato nel suo “ventennio breve” senza dover più rendere conto a chi sarà costretto a pagare i debiti di una politica economica disastrosa.

Dunque, non per fare la guastafeste, ma non solo non trovo alcun senso di “liberazione” ( se non nei confronti di se stesso) nelle dimissioni di Berlusconi, trovo piuttosto ingenuo che le “opposizioni” manipolino una dolente verità:  a far cadere il governo  non sono stati certo gli indignati, ne il popolo viola, tantomeno la sinistra.  E’ stata l’UE e i mercati. E l’idea di passare dal governo Berlusconi al governo Monti non fa che assicurare al potere bancario l’immunità di un’opinione pubblica distratta dalla fine politica di un premier,  che dopo la manovra “lacrime e sangue” tornerà  come araba fenice a rassicurare il popolo,  magari da Presidente della Repubblica.

I commenti e le interpretazioni li lascio alle “grandi firme” dei quotidiani nazionali. Io la fine del berlusconismo non la vedo. Tantomeno a Messina. Perché il berlusconismo è più forte di Berlusconi, è la videocrazia applicata alle dinamiche nazionali e più ancora locali. E’ il conflitto di interessi che non si vede ma c’è, a destra come a sinistra, perché il potere non ha colore, e non puzza. E’ la capacità di convincerci che il Paese è già cambiato, come quando dopo il passaggio dalla monarchia alla repubblica gli italiani aspettarono tre anni prima che fosse firmata la carta costituzionale, giusto il tempo di consentire  la sopravvivenza del “regime statale” mantenendo, ad esempio,  istituti costituiti secondo l’impronta cultrale fascista,  che ancora oggi fanno parte dell’organizzazione  burocratica italiana, dagli ordini professionali all’INPS (giusto per citare qualche esempio).

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