Per l’Unione Europea il Ponte sullo Stretto non si farà. Da giugno 2011, infatti, è pubblica la documentazione relativa alle nuove strategie di circolazione tra il Nord e il Sud Europa: la Commissione Ue, infatti, in sede di bilancio pluriennale 2014 – 2020, ha indicato senza esitazione la direttrice Helsinki – La Valletta come asse principale di collegamento del Continente, eliminando tutto ciò che è al di là di Napoli. Da Napoli, deviando verso Bari, con una nuova “autostrada del mare” – si raggiungerà Malta.
La notizia emerge da una lettura del bilancio di previsione dell’Unione per il periodo 2014 e il 2020, nel quale i fondi per il corridoio verso Palermo sono misteriosamente scomparsi.
Nella versione precedente, il Corridoio 1 rappresentava il core network dello sviluppo europeo, riconoscendo carattere strategico all’Italia (Decisione Ue 884/2004). Inserito nei 30 progetti prioritari, componeva la rete Ten – T (Trans European Network) tra Berlino, Monaco (Brennero, compreso) Verona/Milano, Bologna, Napoli, Reggio Calabria/Gioia Tauro (con il primo porto del Mediterraneo per il transhipment, in fase di costante arretramento), Messina, Catania (con lo scalo portuale di Augusta) e Palermo.
Una questione di non poco conto, di cui il governo non si è occupato, e che tantomeno sembra turbare i pensieri della società Stretto di Messina che in queste ore annuncia soddisfatta l’interesse riscosso dalla pubblicazione del piano degli espropri che avrebbe fatto registrare oltre 1000 contatti al sito http://www.eurolinkpdm.it che non ci sembra di facile accesso, ma che potete provare anche voi a consultare.
Gli uffici del Contraente generale Eurolink che agisce in nome e per conto della societa’ Stretto di Messina, secondo quanto dichiarato dalla stessa società – sono stati visitati da oltre 200 cittadini (84 Calabria, 125 Sicilia)
L’a.d. Pietro Ciucci continua a coniugare i verbi al futuro, sostenendo che “la pubblicazione del piano degli espropri e’ una procedura propedeutica alla Dichiarazione di Pubblica Utilita’ che si concretizzera’ con l’approvazione del progetto definitivo da parte del Cipe”.
Si tratterebbe, secondo il presidente della Stretto di Messina, di una importante fase di informazione ed assistenza rivolta al pubblico.
Ma non sarebbe opportuno spiegare invece cosa sta succedendo in merito alla realizzazione del Ponte?
Sarebbe bastato informare i cittadini della interpellanza urgente presentata in Parlamento il 14 aprile 2011 dal deputato del PDL Alessandro Pagano e rivolta al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, prima della pubblicazione del bilancio da parte dell’U.E.
“A nome di tutti i parlamentari del Sud – si legge nel testo (…) – io le do per certo che la prossima settimana il Corridoio 1 Berlino-Palermo salterà. Glielo do per certo, perché questa è la volontà, queste sono le intenzioni e i nostri europarlamentari in quella apposita Commissione, di destra e di sinistra, sono oggettivamente preoccupati, proprio perché hanno ben chiaro l’elemento strategico di questo investimento. Si ferma a Salerno che, dice l’Europa, in sostanza diventa uno snodo, ciò, quindi, anche con riferimento al porto di Salerno, il che diventa coerente dal punto di vista dell’investimento, cioè vi è un ritorno, questo è quello che dicono. Se, invece, si continua ad investire da Salerno fino ad arrivare a Palermo, dicono sempre in Europa, il vantaggio non ci sarà in termini di investimento: sarà un costo puro, una spesa senza un ritorno.”
Che senso ha allora proseguire nella farsa di una città divisa tra pontisti e nopontisti? Società, studi preliminari, osservatori?
E’ del 5 ottobre la notizia, che non ha certamente avuto risalto nell’agenda politica e giornalistica messinese, che il Ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli ha chiesto al ministero dell’Economia e delle Finanze di escludere dal riassetto dell’Anas la società Ponte sullo stretto di Messina.
La proposta 16 avanzata dal ministro Matteoli prevede una modifica all’articolo 36 del decreto 98 del 2011, che contiene la manovra di luglio. Al comma 7 di quel provvedimento si definiscono le norme per il riassetto dell’Anas con il passaggio al Ministero dell’Economia di tutte le partecipazioni nelle concessionarie e in più della Stretto di Messina esplicitamente citata.
Chi sul ponte già guadagna non ha nulla da temere. Nel caso in cui l’ opera venisse cancellata si dovrebbe pagare una penale che potrebbe valere da un minimo di 160 fino a 400 milioni di euro. Cifra alla quale andrebbero poi sommati i costi finora sostenuti dalla società Stretto di Messina, a quel punto inutili (270 milioni), più le spese per la liquidazione, quelle degli eventuali contenziosi, gli indennizzi per i consulenti, le cause di lavoro… Insomma, siamo fra i 500 e gli 800 milioni.