Quale intreccio politico-mafioso ha consentito l’ascesa imprenditoriale del Gruppo Bonaffini – Chiofalo? Il maxi sequestro apre scenari inquietanti, su cui la procura antimafia dovrà continuare ad indagare. Il lavoro certosino degli investigatori ha chiarito che uno dei gruppi imprenditoriali più ricchi della città ha fondato il suo potere sul riciclaggio di proventi illeciti, “pulendo” attraverso attività in settori cruciali per l’economia dello Stretto (il commercio del pesce, l’edilizia e la ristorazione)denaro proveniente dalle casse della malavita organizzata, in particolare del clan Spartà.
Adesso bisognerà chiarire i legami con quelle “istituzioni” rimaste silenziose, ma che dovrebbero avere il coraggio di prendere le distanze, qualora siano in grado di farlo. Non è possibile pensare che nessuno sia responsabile dei molti “permessi”, delle molte “sviste” sui controlli, che hanno consentito al gruppo imprenditoriale di monopolizzare il commercio del pesce, di cementificare intere aree urbane, soprattutto nella zona sud, di intermediare sulle assunzioni.
Qualcuno nei Palazzi già trema. Ricordiamo che nel 2007, nell’ambito di una indagine sulle speculazioni edilizie la Squadra Mobile ha intercettato le conversazioni di Sarino Bonaffini col geometra Mario Migliardo, a sua volta amico di Michele Caudo, ex coordinatore provinciale Udc e intimo amico del procuratore aggiunto Pino Siciliano, arrestato nel 2009 con l’accusa di aver condizionato alcuni importati processi.
Ma per la parte sana della città il maxi sequestro , seguito ad un lavoro investigativo di anni, sembra l’inizio di una nuova stagione. Eliminare dal tessuto economico le “lavanderie” della mafia, vuol dire dare la possibilità di creare spazi per rilanciare le imprese sane che hanno sofferto o che sono state costrette a chiudere, e per restituire fiducia in chi vuole adesso aprire un’attività senza dover chiedere permessi che non siano prettamente “burocratici”.
Si potrebbe ripartire dall’utilizzo per la collettività del patrimonio sequestrato. Un’idea espressa dal collega Roberto Gugliotta e che potrebbe non essere così utopistica.