di Fra Giuseppe Maggiore – L’unico impegno di questi giorni è “Stare a casa”. È ribadito in ogni modo e con qualsiasi mezzo. Stare a casa per fermare il contagio da Covid-19. È quanto ha chiesto il Presidente del Consiglio a tutti gli italiani, è quanto chiesto da diversi sindaci ed è quanto è stato comandato con forza dal Sindaco di Messina Cateno De Luca.
Ma chi non ha una casa, come fa? Ciò che mi fa sorridere è vedere persone che vogliono uscire ad ogni costo cercando e trovando motivi futili e invece chi per una volta vorrebbe starsene a casa non può. Quelli che vivono nei binari della stazione o sulle scale della stazione marittima, o i fratelli che sono sparsi per le vie di Messina o alle grotte dietro la zona falcata, come fanno? Ai poveri dei vari quartieri delle nostre città chi ci sta pensando?
Questa è la domanda che sta circolando in queste ore tra chi si occupa di senza dimora, e non solo a Messina ma in tutt’Italia. Una domanda che si aggiunge a tante altre, come ad esempio quelle su come gestire i centri di accoglienza per evitare che la presenza di un contagio porti alla chiusura di servizi che per i senza dimora sono essenziali. Una domanda che dovrebbe porsi ogni amministrazione comunale.
A Roma l’Associazione Binario 95 ha lanciato una campagna con l’hashtag #vorreirestareacasa per richiamare l’attenzione, in queste ore di apprensione, anche sulle difficili condizioni che le persone senza dimora e i servizi di accoglienza sono chiamati a fronteggiare.
Le stime Istat parlano di 50 mila persone senza dimora in Italia, costrette oggi più che mai ad utilizzare le mense per nutrirsi e i centri di accoglienza per dormire, entrambi luoghi in genere affollati e promiscui, nei quali la distanza minima non può essere, in molti casi, rispettata. Chi non ha un’abitazione, inoltre, pur avendo compreso la gravità della situazione e sforzandosi con buona volontà di rispettare le regole, ha molta difficoltà ad adeguarsi alle norme igieniche di base previste.
A Messina le mense di Cristo Re e di Sant’Antonio dirette dai Padri Rogazionisti continueranno ad essere aperte rispettando le dovute precauzioni. Anche il dormitorio pubblico “la Casa di Vincenzo” continuerà il servizio di accoglienza h24, con l’obbligo di permeanza nel centro, chi esce non potrà più rientrare.
Tutte le comunità che svolgono attività di accoglienza, con ospitalità di senza dimora e di richiedenti asilo, le varie associazioni e gruppi di volontari che distribuiscono la cena nei pressi della stazione ferroviaria possono continuare tale iniziativa. Dove sussistano servizi docce e cambio biancheria si richiede massima attenzione per operatori e volontari; anche qui si raccomanda di svolgere il servizio in ampi spazi, ben areati e igienizzati, evitando assembramenti di persone, sempre tenendo conto delle disposizioni emanate dal Presidente Conte e dal sindaco. È sospesa l’attività dei centri di distribuzione del vestiario, soprattutto per quello che riguarda la raccolta di abiti usati.
Serve uno sforzo congiunto tra pubbliche amministrazioni e enti del terzo settore per evitare la chiusura dei servizi, ma anche per predisporre luoghi per un potenziale autoisolamento per le persone senza dimora che dovessero essere malate.
Le istituzioni, quelle comunali in particolare, pensino sin da subito alla possibilità di predisporre dei luoghi dedicati alla quarantena di chi una casa non la possiede.
L’emergenza sta cambiando la nostra vita. Speriamo che questo cambio porti ad una nuova visione che non escluda ancora di più chi vive ai margini, che ci renda custodi veri di ogni fratello e che la paura non prevalga mai nelle relazioni, in maniera particolare in questo drammatico momento. Andrà tutto bene!