Messina, la morte di Lavinia Marano: 10 i sanitari rinviati a giudizio

Sei medici, un medico anestesista, due ostetriche ed un’infermiera imputati per la morte di Lavinia Marano, la 44enne deceduta il 23 settembre 2016 al Policlinico di Messina dopo aver dato alla luce il suo primo figlio. Lo ha deciso il gup di Messina Tiziana Leanza che ha disposto il rinvio a giudizio per omicidio colposo.

All’epoca dei fatti i sanitari erano in servizio presso il reparto di Ostetricia e ginecologia del nosocomio universitario. Si tratta del responsabile dell’Uoc di Ginecologia ed Ostetricia Onofrio Triolo, dei medici in servizio presso il reparto Antonio Denaro, Tomasella Quattrocchi, Vittorio Palmara e Roberta Granese e Rosario D’Anna, dell’anestesista in servizio presso il reparto Pasquale Vazzana, delle ostetriche Angelina Lacerna Russo e Serafina Villari, dell’infermiera Maria Grazia Pecoraro.

A difendere il personale del Policlinico gli avvocati Daniela Agnello, Tommaso Autru Ryolo, Benedetto Calpona, Carlo Autru Ryolo, Emanuela Trimarchi, Giuseppe Carrabba, Maurizio Cacace, Giuseppe Santilano, Francesco Rizzo, Flavia Maria Fiorenza Buzzanca, Agatino Bellomo e Ettore Cappuccio.

L’inizio del processo è stato fissato per il 14 giugno 2019 davanti al giudice monocratico Pagana che dovrà stabilire quali responsabilità vi siano state nel decesso di Lavinia Marano, apprezzata cantante messinese, che aveva dato alla luce il suo bambino con il parto cesareo a cui seguì un’emorragia.

A chiedere giustizia la famiglia della donna, che si è affidata agli avvocati Nunzio Rosso, Franco Rosso, Giovanni Caroè e Carola Flick.

Sul sito stampalibera.it ecco nei particolari i reati che la procura ha individuato e dai quali i singoli imputati dovranno difendersi nel processo:

“Triolo, Denaro Quattrocchi, Palmara, Granese, D’Anna, Vazzana, Russo e Villari e la Pecoraro perché in cooperazione tra loro e nelle rispettive qualità per negligenza, imprudenza, imperizia;

D’Anna per aver deciso il ricovero della paziente alla 39° settimana di gravidanza e disponendo l’induzione medica del travaglio di parto pur in assenza delle indicazioni assolute a tale intervento;

Triolo, Denaro e quattrocchi per aver omesso di sottoporre la paziente a infusione continua di Nalador e altri presidi terapeutici, nel post operatorio del parto cesareo al fine di prevenire la prevedibile atonia post partum;

Triolo, Palmara, Granese e Vazzana per aver optato per un intervento di revisione cavitaria strumentale e inserimento del Bakri Ballon al fine di ridurre l’emorragia in atto ed omettendo di provvedere ad isterectomia dopo aver verificato che, in seguito al posizionamento del dispositivo, il sanguinamento non era completamente  cessato;

Triolo, Palmara, Granese e Vazzana per aver omesso di monitorare costantemente e in modo adeguato le condizioni della paziente nel post operatorio dell’intervento, nonché omettendo di richiedere in via d’urgenza l’esecuzione di esami di laboratorio al fine di valutare il rischio di evoluzione in CID (coagulazione intramuscolare disseminata) della emorragia in atto;

Russo, Villari e Pecoraro per aver omesso di monitorare costantemente e in modo adeguato le condizioni della paziente nel post operatorio dell’intervento di parto cesareo – al fine di verificare l’esistenza di emorragie, o comunque di complicanze, e dell’intervento di revisione cavitaria strumentale e inserimento del Bakri Ballon e in particolare nel non eseguire rilievi dei parametri vitali della stessa;

Tutti con le modalità indicate provocavano il decesso di Lavinia Marano che decedeva a causa di una compromissione multiorgano per intervenuto CID, conseguente ad emorragia post partum da atonia uterina”.

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