In fuga verso quella libertà che li ha messi in viaggio. Per loro Messina, quelle tende, quell’attesa, non avevano senso. Così centoundici immigrati di nazionalità eritrea, arrivati in città domenica sera sono fuggiti dal Palanebiolo, scappati. Come accade per chi arriva da paesi in guerra ( e presto giungeranno nello Stretto anche profughi dalla Siria) tra questi rifugiati vie è molta paura a farsi fotografare, e dopo la richiesta di asilo politico e la “compliazione del modulo C3” l’unico desiderio è quello di evadere, nella speranza di raggiungere il nord Europa.
Oggi scandalizza la fuga di 111 eritrei: ieri in 8 sono stati fermati in autostrada, mentre camminavano in fila accanto al guardrail in direzione Catania. Alla vista degli agenti che li hanno bloccati tra Roccalumera e Santa Teresa Riva, hanno perso la testa. Chi si è preso a schiaffi, chi ha iniziato a piangere, chi ha reagito contro gli uomini in divisa, sferrando pugni e calci tanto da ferirli ( due gli agenti medicati al Pronto Soccorso del Policlinico Universitario).
Tra gli otto fermati 4 sono i minorenni, per i quali è stato chiesto l’intervento del Comune. Ma delle 18 assistenti sociali nemmeno l’ombra: ad intervenire in Caserma, assicurando l’affidamento in comunità, è stato direttamente l’Assessore Mantineo. Mancano i mediatori culturali, persone preparate che sappiano parlare francese e inglese, che diano informazioni dettagliate.
“Sono sconcertata – ha dichiarato l’esperta Clelia Marano, che in questi mesi ha focalizzato il suo impegno sui minori e sulle donne – un ragazzino che è stato ricoverato al momento del suo arrivo al porto, ha lasciato l’ospedale ancora più scosso di quando è entrato: nessuno ha parlato con lui durante tutta la permanenza in ospedale, forse dovranno amputargli la mano. Adesso è allo Spirito Santo, dove da 12 giorni i responsabili della comunità attendono ancora le tessere sanitarie”.
Insomma, qualcuno non sta facendo bene il proprio lavoro.
Tantomeno sarebbe ingenuo pensare ad una fuga di massa se non con la complicità, ma certamente senza nessuna particolare opposizione da parte delle autorità preposte alla vigilanza, così come accade nel resto dell’isola. Il perché è presto detto: i centri d’accoglienza sono strutturalmente inadeguati ad ospitare una tale massa di persone, destinata a crescere con l’arrivo della stagione estiva. Persone che arrivano sulle nostre coste convinte di trovare il paese di Bengodi, per poi “sbattere” contro una realtà ben diversa: l’identificazione, gli alloggi di fortuna, le attese per le pratiche burocratiche. Ecco che il miraggio di raggiungere i Paesi dell’Europa continentale rende improbo il compito delle autorità locali e delle forze dell’ordine.
A fuggire, non solo a Messina, sono soprattutto gli eritrei e i somali, anche perché non vogliono essere identificati e non vogliono che siano prese loro le impronte digitali. La Sicilia è solo una tappa intermedia del viaggio iniziato nel Corno d’Africa.
“Fuggono da strutture inidonee, superaffollate, sporche – ribadisce Antonio Mazzeo, che ha svolto diverse inchieste sul tema e oggi candidato alla lista Tsipras – Si lanciano dalle finestre, scavalcano muri, percorrono strade e autostrade. Per continuare a vivere, sognare e sperare che Un Altro Mondo è possibile. Io sto con le nostre sorelle e i nostri fratelli venuti da Sud. Sto con le loro fughe, per le loro fughe. Perché hanno il diritto a sottrarsi dal controllo delle brutali polizie europee, dalle loro inutili burocrazie, dai famelici signori dell’accoglienza-business.”
Di sbarchi e dell’ operazione “Mare Nostrum” tornerà ad occuparsi anche il Parlamento dove le polemiche restano alte. “Un check up per tracciare un primo bilancio è necessario – avvisa Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Esteri del Senato – La Marina italiana, seppur animata dalle migliori intenzioni, non può certo diventare uno strumento indiretto per agevolare i loschi traffici degli scafisti libici”.
E Roberto Maroni, che ha legato il suo nome alle politiche di contrasto, sostiene che l’assistenza in mare ai migranti costituisce “un irresistibile richiamo per i clandestini” e dunque il Governo dovrebbe fare passi indietro. Contro i leghisti scende in campo Ncd, il partito di Alfano, accusandoli di essere “disposti a dire qualsiasi cosa, incuranti dei morti e dei sacrifici dei nostri militari, pur di raccattare quattro voti “. (@palmira.mancuso)
foto di repertorio, fuga da Manduria 2011